Saper leggere i propri ormoni

Siamo organismi chimici, e il nostro benessere dipende dall’intesa — mai stabile ma continuamente rinegoziata — tra serotonina, dopamina e ossitocina, sotto il controllo vigile del cortisolo, l’ormone che regola la nostra soglia di attivazione. Ogni gesto, ogni pensiero, ogni abitudine agisce su di essi e, nel farlo, ne subisce a sua volta gli effetti.

Alle 5:30 del mattino sono qui al computer: il caffè apre la finestra dopaminica attraverso quel meccanismo neurochimico che ho descritto altrove, e per circa un’ora e mezza vivo un senso di pienezza produttiva, una concentrazione limpida, non euforica ma perfettamente centrata. Poi, tra le 7:30 e le 8:00, l’onda si ritira. Non è una questione di orari o di obblighi: la scuola, per me, è un contesto riconosciuto come significativo, e quindi mantiene viva la motivazione; il bar, ad esempio, a quell’ora, è invece un luogo che il mio cervello legge come vuoto, privo di senso.

Quando l’effetto della dopamina cala, non mi abbandono a riflessioni esistenziali o a elenchi mentali di ciò che dovrei fare, perché so che in quella fase il cortisolo è già in lieve ascesa — pronto a trasformare un pensiero neutro in un segnale di allarme. L’ansia non nasce dal problema in sé, ma dall’incontro tra il calo dopaminico e l’attivazione cortisolemica che spinge il cervello a cercare controllo. Così aspetto: lascio che la curva si stabilizzi e oriento il pensiero in modo tranquillo e consapevole a ciò che mi attende a scuola, che non riporta direttamente dopamina nelle sinapsi ma mantiene una buona base di serotonina — una calma di fondo, una sensazione di coerenza interiore. Poi arriva il secondo caffè: un piccolo rilancio chimico che riapre la porta dopaminica, e il senso stesso della scuola amplifica l’effetto, tenendo l’intero sistema in equilibrio per il resto della mattinata.

Questo schema si ripete ogni giorno, sabato come lunedì. Nei giorni senza scuola paradossalmente la gestione è più fragile: sposto allora il baricentro fuori dal paese, verso le passeggiate a Fano che il mio cervello riconosce come dense di senso e come un momento di decompressione. Camminare, leggere in un bar o entrare in libreria diventano allora atti regolatori: scaricano l’eccesso di cortisolo, stabilizzano la serotonina e riaccendono, lentamente, la dopamina. Così la biologia smette di essere un vincolo e diventa un ritmo da assecondare — un equilibrio sottile tra energia, calma, relazione e vigilanza.

Matthew Rackham Barnes
High Peak



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