🗓️ Mercoledì – Riflessioni sullo stile di vita
📍Trasformare il lavoro nel proprio mondo

Questo è stato, per me, un anno molto importante. Non tanto perché ho lavorato di più, ma perché ho imparato a vivere il lavoro in modo diverso: più autentico, più vicino a ciò che sono.

Mi è sempre piaciuto insegnare. Sin da piccolo ho avuto il desiderio di condividere quello che imparavo. Ma a scuola, negli ultimi tempi, qualcosa si era incrinato. La mia mente cominciava a riconoscere la scuola solo come un luogo di doveri e impegni. E invece io volevo sentirmi vivo anche lì, come quando sono immerso in ciò che amo.

Così ho fatto un lavoro profondo su me stesso. Ho osservato quali sono i momenti in cui mi sento davvero coinvolto, e ho capito che succede soprattutto quando propongo ai ragazzi i quesiti delle gare di matematica. Mi appassiona vederli ragionare, scoprire nuove strade, imparare insieme. E allora ho trovato un modo per integrare questi quesiti nel programma ordinario, rendendoli parte viva della didattica quotidiana.

Nel corso degli anni, ho anche sperimentato diverse metodologie didattiche, cercando ogni volta un equilibrio tra rigore ed empatia, tra struttura e libertà. Oggi finalmente sento che quelle che uso sono in sintonia con me. Non perfette, ma soddisfacenti: mi fanno sentire nel mio mondo.

Nel frattempo, anche a casa ho sistemato un angolo di lavoro che è diventato una prosecuzione ideale della scuola. E ogni mattina, alle sei, sono al bar con il mio computer e un caffè: sono le mie ore più intense e serene, il mio spazio mentale migliore. Che sia giorno di scuola o no, non cambia.

Mi sono anche accorto di un'altra cosa: io penso spesso al lavoro. Ma invece di lottare per pensarci di meno, ho scelto di pensarci in modo positivo. Ho lavorato sul dare forma a questi pensieri, farli diventare fonte di motivazione e soddisfazione.
Oggi non ho nella testa il desiderio dei giorni in cui "non si lavora". I giorni liberi li vivo come momenti di decompressione, certo, ma la mia mente desidera il lavoro, perché ci trova senso e continuità.
Se un tempo guardavo con sospetto chi si lasciava assorbire dal lavoro, quasi fossero persone tristi, oggi capisco che vivere il lavoro come il proprio mondo può essere una chiave autentica di felicità.

E no, non è solo una questione di passione o di "fare ciò che ti piace". È qualcosa di più profondo: è fare in modo che il lavoro rispecchi chi sei, che diventi terreno di espressione, di crescita, di vita.

Forse è anche per questo che quest’anno scolastico sta volando. Le mie giornate sono dense, soddisfacenti, piene.
Non vivo più aspettando la fine dell’orario, il weekend, le vacanze estive — o la pensione.
Il mio lavoro non è una parentesi nella mia vita: è parte della mia vita. E quando riesco a viverlo così, mi sento a casa.


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