Venerdì – Diario dalla scuola

Tempi di scrutini, tempi di domande

È tempo di scrutini, di discorsi di fine anno, e con loro tornano puntuali certi rituali: si commentano i risultati, si tirano le somme, si lanciano giudizi generazionali. Si dice che “questi ragazzi” non abbiano più voglia di fare niente, che siano incollati ai cellulari, che non abbiano interessi, che non leggano, che non sappiano stare al mondo. E poi si passa ad attaccare la scuola: troppo permissiva, troppo adattiva, troppo indulgente, incapace di imporre regole e valori.

Confesso che questi discorsi mi mettono sempre un certo disagio. Non perché abbia una lettura alternativa chiara e solida da opporre, ma perché sento che qualcosa non torna. Sento che le etichette si sprecano e i dubbi si spostano sempre un po’ più in là, come se non ci riguardassero.

Io, più che vedere una generazione senza volontà, vedo una generazione demotivata. Ragazzi che non riescono a intravedere nelle cose che studiano un senso, una direzione. Ragazzi che, sempre più spesso, non pensano che studiare serva a fare denaro – e per molti il denaro è diventato l’unico metro del valore. In questo orizzonte, come posso pretendere che trovino entusiasmo nell’algebra, nella trigonometria, nello studio del limite o del logaritmo?

È una domanda che mi accompagna spesso: perché i miei studenti dovrebbero appassionarsi alla matematica che insegno? Io la amo, è il mio mondo, ma perché anche loro dovrebbero abitarlo?

A volte provo a convincerli con gli argomenti classici: che la matematica è un linguaggio universale, che è alla base di tutte le scienze, che educa al pensiero logico, che si insegna nello stesso modo in tutto il mondo… ma, mentre li dico, sento che non bastano. Sembrano ragioni astratte, lontane dalle vite di chi ho davanti.

Alla fine, quello che più sento di poter trasmettere è l’amore. L’idea che si possa fare qualcosa – qualsiasi cosa – per passione, senza necessariamente calcolarne l’utilità. Che la matematica, come tutte le discipline autentiche, nasce prima di tutto da un moto del cuore e della mente. I matematici fanno matematica perché non possono farne a meno.

Mi interrogo spesso sul tema della motivazione. È vero che si deve imparare anche a fare fatica, a impegnarsi, a restare. Ma chi ci dice che, lì dove i ragazzi intravedono qualcosa che sentono davvero importante, non sarebbero disposti a farli quei sacrifici? Forse il punto non è solo motivarli a forza, ma riformulare la proposta educativa. Ripensare i contenuti, i metodi, le domande di partenza. E forse anche riconoscere che la motivazione non è una scintilla da accendere negli altri, ma una corrente che può scorrere solo se trova dei canali aperti, dei ponti, degli ascolti veri.

Non ho risposte definitive. Ma di una cosa sono certo, il mondo è più complesso rispetto a come ce lo raccontiamo agli scrutini e nei corridoi della scuola.


Matteo Massagrande - Primo sole (2020)





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