Le cose che mi fanno stare bene

Riflessioni sullo stile di vita

Gran parte dei miei pensieri orbitano attorno alla scuola. Non solo perché è il mio lavoro, ma perché è un luogo che sento di abitare. Preparare lezioni, pensare a come spiegare un concetto difficile, creare materiali chiari e funzionali: tutto questo non mi pesa, anzi, mi rasserena. Studiare matematica mi fa bene. Mi organizza il pensiero, mi calma, mi appassiona. È come se, nel gesto del preparare, trovassi una forma di cura.

Sto bene anche quando parlo di ciò che mi interessa davvero: lo stile di vita, la geopolitica, l’arte, la scuola. Sono i miei centri di gravità, quelli attorno a cui i miei pensieri si organizzano e acquistano peso. Quando riesco a condividere queste riflessioni — magari in una conversazione al bar, magari in un post o in un articolo — sento che quello che vivo ha un senso più largo, che tocca anche gli altri.

Scrivere sui social e sul blog mi aiuta a fare ordine. A fermare un pensiero, a osservarlo, a dargli forma. Non è solo un esercizio di comunicazione: è anche un modo per capire cosa mi muove, cosa mi fa bene, cosa voglio continuare a coltivare.

Mi rendo conto che, se queste sono le cose che mi fanno stare bene, potrei — e forse dovrei — dedicare loro la gran parte del mio tempo. E allo stesso tempo mi piacerebbe che anche la lettura e la visione di un film riuscissero a colmare in modo significativo i momenti vuoti. Non come semplice passatempo, ma come nutrimento sottile.

E poi c’è qualcosa che sto ancora imparando: il saper non fare. Lasciare spazio al vuoto, all’attesa, al respiro. Non riempire sempre ogni interstizio di tempo con pensieri o azioni. Imparare a non fare può diventare un atto creativo, uno spazio di verità.


Masao Yamamoto


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