📌 venerdì – diario dalla scuola
Tempo di bilanci (visti dai banchi)
È tempo di bilanci di fine anno. E se in un altro post ho già raccontato quanto questo per me sia stato un anno speciale — l’anno in cui il lavoro è diventato davvero il mio mondo — oggi provo a spostare lo sguardo, non partendo da me, ma da loro: dai ragazzi.
Cosa ho trasmesso, davvero?
Cosa è arrivato dall’altra parte della cattedra?
Ripenso a tutte quelle lezioni in cui ho visto i loro occhi accendersi, anche solo per un istante. Quando mi pongono domande, si fermano a ragionare, provano a riformulare. Quando, magari senza neanche rendersene conto, tornano a casa con un’idea un po’ più chiara — o almeno più viva — di qualcosa.
Forse lo fanno solo per un voto. Forse inseguono una sufficienza.
Ma forse — in qualcuno — comincia ad emergere una visione diversa: un modo di pensare che va oltre la procedura. Forse, lentamente, la matematica inizia a diventare un linguaggio, una forma di pensiero da abitare.
E a me va bene così.
Quello che conta è che le mie spiegazioni incontrino, anche solo per pochi minuti, il loro desiderio di capire. Che si crei un contatto reale, uno scambio, anche sottile.
Rivedo gli sguardi di chi ce la sta mettendo tutta, quelli che stanno facendo progressi autentici, quelli che, giorno dopo giorno, cominciano a fidarsi. E io, accompagnandoli, ritrovo il cuore del mio lavoro.
Il mio obiettivo più grande?
Trasmettere la bellezza che io vedo nel calcolo algebrico.
Una bellezza nascosta nell’essenza razionale che si esprime nelle infinite variazioni degli esercizi, e insieme a questa, la giocosità della matematica: la sua leggerezza, la sua profondità. Il suo essere, ogni giorno, una sfida nuova.
Tutto il resto — i programmi, la burocrazia, i voti — viene dopo.
Non mi interessa somigliare al professore carismatico da film. Non cerco di lasciare un’impronta indelebile nelle loro vite.
Se riesco a divertirmi insieme a loro in classe, per me è già tanto.
Se un ragazzo si impegna a prendere un 6, è una conquista.
Se un altro scopre nella matematica un pensiero potente e appassionante, è un regalo.
Anche per me è un percorso di crescita. Ogni giorno rischio di perdermi nei problemi pratici, nelle urgenze piccole, nelle tensioni inevitabili.
Ma ogni volta che torno al senso più profondo del mio insegnare, ritrovo il mio asse.
E allora mi basta questo:
essere lì, ogni giorno, dentro una classe, a giocare con la bellezza del pensiero.

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