📌 mercoledì – riflessioni sullo stile di vita
Ascoltare se stessi, ora per ora
Uno dei lavori più silenziosi ma costanti che sto portando avanti è quello di capire quali attività sono più appaganti per me a seconda del momento della giornata. Un lavoro che non si basa su pianificazioni rigide o modelli esterni, ma su qualcosa di molto più personale: l’ascolto del mio stato emotivo, ormonale ed energetico.
In questi ultimi mesi ho provato a incastrare alcune attività nei vari momenti della giornata, tenendo conto se vado a scuola o meno, e osservando come mi sento davvero. Il tentativo più riuscito, quello che ormai è diventato una costante felice, è il mio rituale delle 6 del mattino al bar.
Ci vado tutti i giorni, feriali e festivi, non importa. Accendo il computer, metto la musica in cuffia, prendo una tazza di caffè e comincio a scrivere, creare, preparare materiale didattico.
Guardo fuori dalla vetrata la piazza che si risveglia, assaporo il silenzio, mi immergo. È un momento profondo, autentico, creativo. È una delle poche abitudini che non mi stanca mai, perché nasce da un equilibrio perfetto tra quello che sono e quello che faccio.
Anche andare a scuola, ormai, è diventato per me un momento di benessere, di motivazione, diciamolo pure: un momento di felicità. Non lo vivo come un dovere, ma come una dimensione in cui sto bene.
Negli altri momenti della giornata, invece, non riesco a costruire routine altrettanto stabili. Se ci provo, avverto una forzatura.
E allora sto imparando a non imporre, ma a riconoscere. A lasciarmi guidare non da una tabella, ma dal mio ritmo interno.
Tolte le prime ore del mattino — cariche di adrenalina e progettualità — col passare delle ore entro in uno stato più serotoninico, con livelli di energia via via più bassi.
In quelle ore ho bisogno di ozio, ma che sia un ozio significativo.
Le attività che più mi corrispondono in quelle fasi sono:
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ascoltare musica in cuffia, in modo dedicato, mentre leggo informazioni, recensioni e commenti sull’album che sto ascoltando;
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ascoltare audiolibri di classici, che spesso lasciano un’impressione profonda, più grande di quella che riesco subito a comprendere — e forse proprio per questo più duratura. Per me, questa è la vera definizione di “classico”;
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studiare storia dell’arte e matematica, che vivo come pratiche rilassanti, intime, lontane dall’ansia della performance;
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concentrarmi su luoghi e opere d’arte legate alle città che frequento — Urbino, Fano, Rimini — o a quelle che visitiamo in gita scolastica;
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fare passeggiate, che hanno su di me un effetto distensivo e rigenerante.
Molte di queste cose le faccio al bar, che è diventato per me uno spazio di decompressione, osservazione, appunti mentali, brevi chiacchierate.
Ma solo nei momenti giusti.
Non amo i bar quando si riempiono per gli aperitivi, né la mattina tardi né la sera: mi sento fuori luogo, come se l’energia collettiva fosse incompatibile con la mia.
Ho capito che il vero stile di vita non nasce dalla forza di volontà, ma dalla coerenza con il proprio ritmo interiore.
E ascoltare quel ritmo, ora per ora, è un gesto silenzioso ma rivoluzionario.
Significa non chiedere alla giornata di essere efficace, ma di essere vera.
Non essere sempre attivi, ma sempre in contatto con sé.

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