📌 domenica – parole della domenica mattina
Lasciare andare e tornare a sé
Sto imparando, lentamente, che pensieri ed emozioni non si comandano.
Arrivano, si impongono, si trasformano. A volte si ripetono, altre volte sorprendono.
E per quanto ci sforziamo, non possiamo decidere cosa sentire, né cosa pensare.
Possiamo solo guardarli, come si guardano le nuvole passare.
A volte leggere, a volte pesanti. Ma sempre nostre.
Nostre non perché le abbiamo scelte, ma perché sono il frutto della nostra storia personale, del modo in cui siamo cresciuti, dei legami, del contesto in cui ci siamo formati, del racconto sociale che abbiamo respirato.
Penso spesso al tifo calcistico.
Io sono felice o triste se la Fiorentina vince o perde.
Non c’è logica. È solo il risultato di una storia che porto dentro, iniziata per caso — una sorella che studiava a Firenze — e poi diventata parte di me.
Un pezzo di identità affettiva, fuori dal mio controllo, e proprio per questo così autentica.
Succede lo stesso quando mi sveglio nel cuore della notte.
In quei momenti, non cerco di forzare il sonno.
Resto ad ascoltare i pensieri che emergono, sapendo che non dipendono da me, che affiorano da una zona più profonda, invisibile.
Li osservo scorrere, come se stessi assistendo a qualcosa di mio ma non del tutto governabile.
E paradossalmente, è proprio questo sguardo morbido che spesso mi riporta al sonno, senza doverlo cercare.
E allora mi chiedo:
non è un sollievo, in fondo, sapere che non dobbiamo avere tutto sotto controllo?
Che non tutto dipende da noi, e che c’è una parte della vita — quella più intima — che scorre senza che la dirigiamo?
Prendere atto di questo alleggerisce.
Ci rende meno severi con noi stessi, meno giudicanti, meno stanchi.
Ma non significa rinunciare a trasformarsi.
Sto imparando a riconoscere con più precisione ciò che è veramente appagante per me,
a distinguere cosa mi fa bene da ciò che mi logora,
a riconnettermi con la parte più vera di me stesso.
E, con delicatezza, sto provando a sradicare le radici delle cose che mi fanno più male.
Non con violenza, ma con attenzione.
Non per negarle, ma per vederle meglio.
E forse, un giorno, lasciarle andare.
Non c’è una meta definitiva.
Solo un cammino fatto di piccoli gesti di presenza, giorno dopo giorno.
Non per dominare, ma per ascoltare.
E per scoprire, un po’ alla volta,
che si può anche vivere bene dentro ciò che non si controlla.

Lasciare andare certe cose non significa abbandonarle, ma smettere di aggrapparsi a ciò che ci fa male per creare spazio a ciò che ci fa bene.
RispondiEliminaSono le nove!
In questo periodo le cose negative che osservo come spettatore esterno, lasciandole andare, sono spesso l'esito di miei difetti "caratteriali" che ho capito aver acquisito nel tempo dall'ambiente educativo e sociale e che quindi non posso modificare dall'oggi al domani
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